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LETTORI FISSI

mercoledì 31 dicembre 2008

TERRA DEL PIAVE

E’ la mia terra percorsa
da un fiume scintillante
che lentamente scende verso il mare
e sottovoce narra tante storie
di vita e morte, trionfi e disfatte,
mentre tra i riverberi dell'acqua
appaiono i volti di tanti eroi scomparsi.
Terra del Piave, quella dove nacqui
e dove un giorno lasciai tutti i miei affetti
per andare in cerca del domani.
Terra del Piave, a cui nelle sere d'estate
volgono un canto i figli suoi lontani.
Terra del Piave e terra dei miei avi,
fatta di brullo suolo e ombrosi viali
di contadini e profumati mosti
dove un giorno ritornerò
a distillare la mia giovinezza.

Nigel Davemport
[Omaggio a Tomaso]
 ecco qui sottostante un canto degli
 arditiche il regime spesso veniva 
trasmesso via radio 

ULTIMO GIORNO DELL'ANNO

ECCOMI, VOGLIO FARVI TANTI E TANTI AUGURI PER IL 2009.
SPERO VI PORTI TANTO BENE, PRIMA DI TUTTO ALLE VOSTRE FAMIGLIE.
TUTTI NOI ABBIAMO TANTI DESIDERI, ECCO IO SPERO CHE QUESTI DESIDERI ARRIVINO IN FONDO AL VOSTRO CUORE.
SIATE SERENI, CERCHIAMO DI AVER FEDE E SOLO COSÌ CI SENTIREMO TRANQUILLI.
VEDENDO QUELLO CHE STA SUCCEDENDO NEL MONDO ORA ABBIAMO BISOGNO DI CREDERE CHE QUALCHE COSA CAMBI. CON VERO OTTIMISMO DUNQUE APRIAMO QUESTA BOTTIGLIA E DICIAMO FORTE, AUGURI, AUGURI, AUGURI! TOMASO

martedì 30 dicembre 2008

Uno dei tanti canti del regime fascista, anni 40



Ecco un canto che negli anni 40 che veniva cantato nelle piazze al sabato fascista.
Nessuno poteva mancare alle riunioni nelle piazze, coloro che erano conosciuti che erano contrari al regime venivano picchiati dai squadristi e poi le facevano ingoiare una grossa porzione di olio di ricino io personal-mente da ragazzo ho dovuto assistere a queste violenze.
vorrei dire agli amatori della dittatura di provare a viverla di persona.
Era veramente un'incubo.

Tomaso

lunedì 29 dicembre 2008

Video storici di quell'epoca


Buon giorno a quelli che guarderanno questo video.
La follia di un dittatore che voleva allungare l'Italia fino all'Africa orientale, questo lo diceva un canto del partito.
Tomaso

Piccola aggiunta al primo capitolo 2

Nel 1938 lo stato iniziò una raccolta di oro per aiutare le casse vuote per le grandi spese per la guerra in Africa. Tutte le massaie furono invitate in piazza del comune per fare dono delle loro fedi di oro, lo stato le sostitui con delle fedi di metallo, una lega di rame e ottone, la partecipazione fu quasi totale la propaganda aveva convinto la massa che questo fosse necessario e giusto. Una cosa ricordo bene noi scolari delle elementari aravamo preparati che quando sie entrava e si usciva nelle aule si doveva fare un saluto speciale, non dare il buongiorno ma dire, vincere, la risposta era, vinceremo, purtroppo le dittature creano anche questo. Tomaso
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domenica 28 dicembre 2008

Ora credo che è ora che incominci capitolo 1

Voglio iniziare con ciò che ricordo

Capitolo I

Sono nato l’otto settembre 1930 da genitori poveri, ma con tanto orgoglio. Mio padre era del 1892 e mia madre del 1898. Io ero il penultimo di cinque figli.
Mio padre era un emigrante e tutti gli anni, in primavera, partiva per cercare lavoro. Andava in Francia, Germania, oppure in qualche località italiana dove era possibile trovarlo.
Quando avevo cinque o sei anni vedevo mio padre che alla fine di febbraio preparava le valige. Mia madre, con le lacrime agli occhi, gli raccomandava di stare attento perché il suo lavoro poteva essere pericoloso. Era manovale, ma si trovava anche in situazioni di rischio quando lavorava nelle gallerie ed esse franavano all’improvviso. Ricordo che quando lo accompagnavo alla corriera lo vedevo mascherare il dolore di dover lasciare la famiglia.
Nella piazza dove sostava la corriera erano in tanti che partivano, tutti con lo stesso problema: la sopravvivenza delle loro famiglie. La nostra era una zona di forte emigrazione, l’ottanta per cento degli uomini emigrava per lavoro stagionale.
La zona di cui parlo si trova ai piedi dei colli dei grandi vigneti del prosecco. Eravamo orgogliosi di chiamare quella località “Quartiere del Piave”. Infatti, dal mio paese natio alle sponde del Piave, ci sono circa tre chilometri. Dal 1915 al 1918 l’area che ho detto fu teatro della prima guerra mondiale. Mio padre ci partecipò come soldato. Lui era un vecchio fante. La nostra vita era piena di stenti, le donne aspettavano quel po’ di denaro che i mariti potevano spedirgli, facendo i lavori più svariati. Questi emigranti erano la spina dorsale dell’economia del paese. I loro lavori erano sempre molto faticosi. Ogni anno puntualmente qualcuno ci rimetteva la pelle e la comunità faceva rimpatriare la salma dello sfortunato emigrante a proprie spese.
La vita continuava sempre onestamente. Ricordo che, quando incominciai la scuola elementare, eravamo tutti contenti. Era l’epoca del fascismo ed entrai a far parte dei “Figli della Lupa”. Ad ogni piccola ricorrenza politica o istituzionale, si indossava un cinturone al ventre a forma di X sul davanti. Al centro, una grande M stava ad indicare Mussolini. Passò del tempo e a nove anni divenni Balilla, cambiando completamente la divisa: camicia nera con copricapo che rappresentava il littorio, tipico stemma del fascismo.
Nel 1940, con l’inizio della seconda guerra mondiale, cominciarono i grandi problemi per l’Italia.
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